La Storia di Lizori
“Lizori” è il toponimo di fantasia con il quale, dagli anni ’70 è conosciuto in Italia e all’estero Borgo S. Benedetto (o Castello di Pissignano Alta), frazione di Campello sul Clitunno. Questo castello e la sottostante valle spoletina sono stati presìdi privilegiati della Roma imperiale e repubblicana. Condottieri e senatori, conquistatori d’Oltralpe dall’epico nome come i germanici Barbarossa e poi Federico II furono qui. Fu Ostello di Papi, torre di avvistamento e fortificazione militare, luogo prescelto dall’era longobarda e carolingia in avanti, da mistici e religiosi, e dai limitrofi Ducati. Dentro le mura del castello di Pissignano alta si formò l’insediamento medievale dall’assetto attuale: strutture di difesa perimetrali che disegnano uno dei rarissimi castelli triangolari di pendio oggi perfettamente preservati in Italia.
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Borgo San Benedetto, Castello di Pissignano Alto
Cenni storici
II-V sec. I BARBARI
Al tempo c’erano i barbari e le popolazioni scappavano messi in fuga dalla loro violenza e dai loro saccheggi delle terre e dei loro averi. Successivamente, visto l’abbandono e la devastazione di questi luoghi avvenuto durante le invasioni barbariche, il territorio spopolato divenne meta di alcuni monaci ed eremiti siriani.
V sec. GLI EREMITI SIRIANI
Questi sono arrivati nel V secolo d.c. scappando dalla Siria. Questi monaci ed eremiti siriani fondarono intorno al Colle Revalioso, uno dei loro insediamenti eremitici, di cui sopravvive oggi soltanto l’eremo di Sant’Antonio Abate (che si trova poco sopra il luogo dove sorge il Castello di Pissignano). Il nucleo più antico di questo monastero è scavato nella roccia, una maniera questa che rappresentava il modo di essere eremiti tipico della loro terra di origine, la Siria.
Dappertutto in questa parte dell’Umbria c’era questa presenza eremitica che ha dato origine al movimento benedettino. Lui è stato il primo che ha introdotto nel mondo occidentale il monachesimo che prima non c’era, e da questi eremiti ispirò la sua regola. Per questo è patrono d’Europa. In molti dintorni in Umbria esistono questi luoghi scavati allo stesso modo.
Sempre nel periodo del V secolo, uno dei tempietti romani fu riadattato o costruito ex novo e venne dedicato al Salvatore.
Oggi è più noto con il nome di Tempietto del Clitunno e fa parte del sito seriale “Longobardi in Italia: i luoghi del potere” iscritto nel 2011 dall’UNESCO alla Lista dei Patrimoni dell’Umanità. Gli storici sono discordi se sia stato costruito nel V secolo oppure se era più antico e poi riadattato. Quello che è certo è che nel V secolo è diventato chiesa cristiana. Poco distante il Tempietto, guardando verso Spoleto, sopra all’argine del Clitunno, sorse anche una chiesa dedicata a San Michele Arcangelo, con a fianco un altro luogo sacro con battistero dedicato a San Giovanni Battista. Nel sec. XIX, i loro resti sono stati trasformati in una casa colonica tutt’ora esistente. La nuova chiesa parrocchiale fu costruita quindi a Pissignano solo nel 1854 e prende sempre lo stesso nome di San Michele Arcangelo.
V-VIII sec. I LONGOBARDI
I Longobardi sono stati a lungo in queste terre, quando Teodolapio divenne Duca di Spoleto nel 602. E quel mezzo secolo di governo ebbe lunghi periodi stranamente pacifici per un Duca longobardo.
X sec. I MONACI BENEDETTINI
In seguito, in questo luogo, vennero ad abitare anche dei monaci benedettini che intorno al X secolo fondarono un loro insediamento, probabilmente dipendente da una delle più importanti abbazie dei dintorni, forse quella di Santa Croce di Sassovivo o di San Pietro di Bovara, e costruirono anche loro una chiesa dedicandola al loro padre fondatore San Benedetto, sotto alla quale avevano preso a sorgere le prime case e si era andato via via formando l’insediamento medievale dall’assetto che darà poi origine a quello attuale. In seguito a tale evento gli abitanti del luogo cominciarono a chiamarlo anche Colle e Borgo San Benedetto.
XI sec. CONFORMAZIONE ATTUALE DEL CASTELLO
Il castello vero e proprio come lo vediamo attualmente, con la torre di vedetta ed un piccolo nucleo per la difesa degli abitanti del luogo sorse però nel XI secolo, fondato forse da Francesco Sancio, un nobile francese disceso nel 1026 in Italia al seguito dell’imperatore Corrado II di Franconia detto il Salico. Francesco Sancio diede origine alla famiglia dei baroni Sansi di Spoleto, che fu feudataria del luogo per diversi decenni, fino alla sua affrancazione. Situato in un tratto strategico lungo la valle del Clitunno, il possesso del castello fu lungamente conteso tra i territori delle città di Spoleto e di Trevi e molto spesso esso rimaneva privo di abitanti, stanchi delle continue scaramucce che dovevano sopportare, ma ben presto essi venivano rimpiazzati con altri allettati da esenzioni di tasse e privilegi.
XII – XIII sec.
Il territorio di Spoleto in questo periodo era molto vasto e includeva anche il Castello di Pissignano. I castelli venivano quasi tutti eretti sul fianco o a cavaliere di un colle perché questa posizione consentiva una difesa più sicura dai nemici e tutti erano circondati da mura e torri. Nelle rocche dei castelli il comune incaricava un castellano – simile ad un governatore militare – che presidiava la fortificazione per difenderla dagli assalti dei nemici.
Federico Barbarossa Nel 1155 quando l’imperatore Federico Barbarossa cinse d’assedio Spoleto si accampò nei pressi di Pissignano, che in quel periodo si trovava sotto la giurisdizione di Trevi. Sappiamo poi che nel 1213 il duca spoletino Diopoldo lo passò sotto quella di Spoleto insieme a Pigge, Azzano e Clarignano, in cambio dell’aiuto contro Trevi.
Federico II Il castello di Pissignano appare poi citato in un diploma di Federico II del 1241 nel quale vengono elencati tutti i castelli e le ville rurali posti sotto la giurisdizione del Comune di Spoleto. Stessa cosa avviene nel 1247 tra le concessioni di autonomia amministrativa e giurisdizionale, fatte allo stesso comune, dal Cardinale Raniero Capocci per conto della Camera Apostolica. Il diploma di Federico II è una pergamena che si trova presso l’archivio di Stato di Spoleto e con questa l’imperatore definisce il territorio e fissa i termini del suo distretto. Infatti la città di Spoleto, approfittando delle lotte esistenti tra i poteri del Papa e dell’imperatore, si era costituita come libero comune, scacciando la famiglia feudataria tedesca degli Urslingen e si barcamenava tra i due poteri, alleandosi con quello che riteneva al momento più favorevole.
San Francesco Il territorio di Pissignano ha visto anche la presenza di San Francesco e dei suoi seguaci, che durante le varie peregrinazioni quasi sicuramente transitò per questo luogo. Si racconta che San Francesco di ritorno dalla capitale abbia così commentato la terra dove si affaccia il castello “Nihil jucundus vidi Valle mea Spoletana”: nulla di più bello della mia valle spoletana ho mai visto. Egli ebbe anche in dono l’eremo di Sant’Antonio Abate che i suoi discepoli nel 1370 hanno ingrandito e fatto fiorire sino all’Unità d’Italia, quando il convento è stato soppresso e venduto a privati. Ma dagli anni ’20 del secolo scorso grazie a Sorella Maria e alle sue Allodole è diventato il primo centro ecumenico.
XIV-XVI sec.
Nel contempo le autorità comunali di Spoleto obbligavano i signorotti rimasti nei castelli (Ancajani, Pianciani, Campello) del circondario a farsi cedere i loro possessi con atti che le famiglie dei luoghi firmavano sottomettendo le loro proprietà a Spoleto, e ad andare a vivere in città, mantenendo diversi privilegi, costituendo quindi il ceto nobile della cittadinanza; quasi sicuramente è stata questa la sorte toccata anche a quelli di Pissignano. In tale periodo furono fortificati anche diversi castelli ed in particolar modo quelli più distanti dalla città, in modo da creare una rete di avvistamento e protezione lungo i confini con altri territori, castelli che in gran parte si costituirono come comuni satelliti di Spoleto e ebbero dei propri Statuti. Il castello di Pissignano, essendo posto lungo i confini, fu più volte occupato sia da capitani di ventura che da ribelli cittadini e nel corso dei secoli fu occupato da parte di Biordo Michelotti, Pirro Tomacelli, Braccio da Montone, Corrado Trinci, Girolamo Brancaleoni, Annibale Baglioni, Renzo da Ceri e Petrino Leocilli, ma ritornò ben presto sotto la giurisdizione del distretto di Spoleto.
Nel 1416 la famiglia dei Trinci di Foligno venne in possesso del Castello e all’interno delle mura castellane vi fece costruire un palazzo che conserva ancora il nome di Palazzo Trinci o anche conosciuto come Palazzo Ducale. Più volte rimaneggiato, conserva ancora gran parte delle sue caratteristiche architettoniche originarie, le quali hanno resistito incredibilmente all’incuria e alle devastazioni del tempo ed ora sono state consolidate ed utilizzate come centro espositivo e d’incontro. Il Castello di Pissignano, alla stregua degli altri castelli spoletini, ha avuto anche un’autonomia amministrativa regolata dagli Statuti, di cui si conosce la versione del 1543, anche se l’originale è andato perduto.
XIX sec.
Fino al 1817 il Castello era autonomo, un comune libero, tanto è vero che a tutt’oggi nel tessuto urbanistico del borgo si può ancora individuare il Palazzo Comunale. Ma dal 1817 divenne appodiato di quello di Campello sul Clitunno, di cui è entrato a farne parte pienamente nel 1860.
Tra gli edifici che ancora oggi si conservano all’interno delle mura del castello vi è appunto anche la sede del vecchio Palazzo Comunale, facilmente individuabile per la presenza in facciata di un’immagine devozionale mariana del 1545, che ne ha sostituita un’altra più antica di almeno un secolo, di cui rimangono alcuni resti sotto la rampa della scala esterna per l’accesso al piano superiore.
Caratteristica particolare di questo insediamento sono i numerosi forni esterni che si trovano in quasi tutte le abitazioni e la cosa è alquanto strana perché generalmente i vari castelli avevano il forno comune, che veniva appaltato e gestito secondo le norme statutarie.
Che cosa significa “Lìzori”? Tre parole in una.
“Lì”,
avverbio di luogo, nella nostra lingua, dove.
“Zo”,
etimo del verbo greco vivere.
“Ri”,
sempre dal greco antico, orao ossia vedere.
LIZORI: Lì dove-la vita-vede, lì dove-la vita-si contempla
Con un passato glorioso di secoli alle spalle e una stagione più recente (dal secondo dopoguerra in poi) in cui il castello fu ridotto in uno stato di totale abbandono, il Borgo ha conosciuto la sua rinascita a partire dalla seconda metà degli anni ’70 per iniziativa di un gruppo di italiani – architetti, ingegneri, imprenditori, artigiani, professionisti – coordinati da Antonio Meneghetti, artista che molto ha amato questi luoghi e in cui si è formato artisticamente.
. L’intervento di riqualificazione del Borgo è stato condotto con risorse esclusivamente private, investite da decine di persone, accomunate da entusiasmo e passione, non solo per acquistare e ristrutturare, ciascuno, la propria unità immobiliare (ruderi), ma anche per restituire alla fruizione collettiva tutti gli spazi di uso comune. Senza sussidi né sponsor, senza finanziamenti pubblici o di terzi, senza alcun intento speculativo.
Tecnicamente, il recupero del Borgo è stato condotto all’insegna di una rigorosa fedeltà alla struttura originaria, integrata quando necessario per adattarla a nuove funzionalità. Pietra naturale, cotto, legno, malta bastarda, mattoni fatti a mano, travi d’olivo secolare, materiali recuperati fino all’ultimo ciottolo con modalità costruttive riattualizzate dalla lettura del preesistente. L’intervento ha spaziato dal consolidamento statico alle opere di urbanizzazione e alla predisposizione dei sottoservizi. Non solo le singole abitazioni, ma anche tutti gli spazi pubblici: strade, piazze, terrazzamenti. Il recupero intrapreso e portato a termine con successo ha restituito alla fruizione collettiva un vero e proprio gioiello storico-architettonico che, sin da subito, si è fatto laboratorio internazionale di arte, cultura e formazione, all’insegna di valori umanistici senza tempo.
Per questo luogo si è aperta quindi una stagione di nuova giovinezza che l’ha restituito ai nostri giorni e rappresenta oggi uno dei rarissimi castelli triangolari di pendio perfettamente preservati in Italia. Coloro che hanno lavorato e investito nel recupero di questo borgo da oltre quaranta anni lo chiamano affettuosamente Lizori.
Lizori è anche la sede di numerose associazioni, enti e istituzioni sia a carattere nazionale che internazionale, che operano in vari campi: da quello artistico a quello scientifico, da quello di ricerca a quello formativo di un uomo laborioso nel suo luogo, ma aperto alla nuova globalizzazione per radiare valori sociali, di civiltà e sviluppo. Inoltre c’è anche un ristoro medievale Gallo d’Oro e una country house “Borgo Lizori” che consente di soggiornarvi per chi lo desidera.